Qualche piccola "nota" sui pappagalli in genere, prima di raccontarvi la mia esperienza con Jefferson ^_^
I pappagalli si dividono in due grandi "famiglie", quella degli psittacidi, a cui appartengono Jeff e Kiru', e quella dei cacatua. All'interno di queste famiglie, sono presenti piu' di 300 specie diverse, sparse praticamente su tutti i continenti, dall'Australia all'America Latina. Sebbene si possano a grandi linee tracciare delle caratteristiche comuni per aree geografiche e poi, piu' in particolare, per specie ed eventualmente sottospecie, bisogna sempre tenere presente che ogni pappagallo e' un mondo a se': con i suoi bisogni, le sue preferenze, i suoi gusti, attitudini, abitudini, simpatie e antipatie.
In natura sono prede e non predatori; sono animali sociali, e che lo stormo sia formato da 20 o da 200 individui non importa, deve comunque essere presente; sono monogami, territoriali, curiosi, attivi e portati all'apprendimento.
Jefferson appartiene alla specie "
platycercus elegans", originaria dell'Australia. E' un pappagallo molto bello a vedersi, non eccessivamente rumoroso ne' fastidioso, indipendente di carattere, piuttosto rustico e resistente. In cattivita' sono diffusi piu' che altro per le loro caratteristiche estetiche piu' che di compagnia. Questa specie infatti non e' particolarmente portata a legare con l'uomo, mantenendo sempre una spiccata indipendenza.
Jefferson e' stato trovato all'inizio dell'inverno di parecchi anni fa all'interno del magazzino di una ditta di scavi e posa tubi. Era probabilmente scappato da qualche allevamento o negozio, ma nessuno l'ha mai reclamato indietro nei mesi successivi. Non essendo un animale domestico, e' stato catturato in modo un po' rocambolesco, infilato in una gabbia ovviamente inadatta, visitato sommariamente dal veterinario di zona e poi, in mancanza di meglio, portato a casa mia... che pero' non sapevo assolutamente niente di pappagalli!
I primi tempi sono stati un po' difficili. Il primo passo e' stato quello di alloggiarlo in modo adeguato, per poi cercare informazioni. Affidarsi ai negozianti i primi tempi e' stato quasi naturale... salvo poi capire in seguito quanto poco ne sapessero!!! Figuratevi che uno di loro mi aveva convinto a comprare anche la catenella (mai usata...), un oggetto estremamente pericoloso, in grado di causare lussazioni, fratture e anche la morte del pappagallo :-S
In ogni caso, ormai c'era questo animale in casa, con la sua gabbia enorme, che mangiava, beveva, sembrava sano, ogni tanto si faceva la sua fischiatina... e aveva una paura terribile di tutto. Dall'altro lato, c'ero io, insofferente alle sbarre delle gabbie, delusa per il non riuscire a fare amicizia, senza conoscenze se non un po' di istinto e l'abitudine a trattare con animali di ogni genere fin da piccola.
L'ho sistemato in una stanza per me particolare della casa, quella dove all'epoca studiavo e ancora oggi passo gran parte del mio tempo... senza pero' ne' dormire li' dentro, ne' mangiare, ne' altro. Si puo' dire che sia il mio "studio". Jefferson cosi' aveva la possibilita' di restare tranquillo di notte (i pappagalli dormono tra le 10 e le 12 ore) e per buona parte del giorno, e di osservarmi mentre facevo attivita' tranquille, silenziose, ripetitive, abbastanza abitudinarie, ad una distanza di sicurezza.
La gabbia non e' mai stata spostata, ne' da allora gli e' stato cambiato alloggiamento, proprio per farlo sentire tranquillo e al sicuro.
Siamo andati avanti per delle settimane in questo modo. Il suo bisogno, in quel momento, era di capire attraverso l'osservazione dell'ambiente che si trovava in un luogo sicuro, privo di pericoli per lui, in compagnia di un essere nuovo che non costituiva una minaccia. Anche la struttura della gabbia mi e' stata di aiuto, dato che potevo accudirlo senza mettere le mani dentro e spaventarlo. Non passavo il mio tempo "con lui", ma semplicemente "nello stesso posto" dove c'era lui. leggere, ripetere a voce alta ma non troppo, ascoltare musica a basso volume, a volte dormire sul divano, pulire la gabbia, fornire cibo e acqua e poco altro.
Quando ho iniziato a notare che non si agitava piu' tanto durante le pulizie di routine, ho preso uno sgabello e sono andata a sedermi vicino alla gabbia, senza pero' toccarla. restavo li' non piu' di 15, 20 minuti. ai primi segni che dava di starsi agitando, toglievo lo sgabello e tornavo alle mie occupazioni. Non c'era molto da fare, se non parlargli, fischiargli un pochino, provare a catturare la sua attenzione. Serve una voce morbida ma ferma, dei movimenti lenti e fluidi, una distanza ragionevole per il pappagallo - ovvero la distanza a cui ci permette di arrivare senza sentirsi a disagio.
Ho scoperto che molti pappagalli hanno una paura terribile delle mani umane. forse perche' le vedono strane, forse perche' molti di loro vengono toccati o maneggiati in modi inadatti che li traumatizzano. per cui un nuovo passo era quello di fare in modo che Jefferson perdesse almeno in parte la paura delle mani. Il modo migliore che mi venne in mente all'epoca fu naturalmente quello di usare le mani per porgergli del cibo. Nel frattempo gli venne modificata l'alimentazione, passando ad una piu' sana, e questo mi diede la possibilita' di togliere i semi di girasole dalla dieta base e usarli come premio. Ora uso piccoli pezzi di noce, mandorla, clementine fresche, altra frutta secca (tranne le arachidi con il guscio) o comunque alimenti che abbia mostrato di gradire.
piano piano, Jefferson imparo' a prendere il cibo dalle dita. Se porto nel modo giusto, ora lo accetta da qualunque persona glielo porga, pur magari mostrandosi molto piu' diffidente nei confronti di sconosciuti con abiti strani.
A quel punto pero' volevo farlo uscire dalla gabbia!
I primi tentativi, naturalmente, sono stati disastrosi. Jefferson volava e vola benissimo, ma non conosceva i concetti di "soffitto" piuttosto che di "parete liscia" - quindi un po' di urti, brutti atterraggi, cadute dietro la libreria e quant'altro gli hanno insegnato queste nuove caratteristiche dell'ambiente in cui sta adesso. Naturalmente non aveva neanche idea del fatto che doveva tornare in gabbia... ne' io avevo idea di come farcelo rientrare da solo. I primi tempi mi sono accontentata di spegnere le luci, prenderlo con un asciugamano e rimetterlo dentro. Poi ho iniziato a "guidarlo" verso l'apertura con dei giornali arrotolati. Passando mesi su mesi, per non dire anni, alla fine ci siamo capiti: alla parola "Dentro!" corrisponde il suo volo filato dentro la gabbia, cosa che gli procura sempre uno dei suoi premi preferiti.
Ha anche capito, credo, che rientrare senza fare storie offre la possibilita' di fare piu' uscite nel corso della giornata, brevi o lunghe che siano, e dato che ha ormai delle abitudini, dettate dal fatto che IO ho delle abitudini, sa che anche se rientra comunque uscira' di nuovo prima o poi. Sa anche se, se rientra, ottiene un premio: sovente ormai e' sufficiente prendere in mano la scatola dei premi per vederlo fiondarsi da solo in gabbia, tutto allegro, senza neanche bisogno di chiederglielo...e poi sistemarsi sul "posatoio" del premio in bella attesa
Con Jefferson, nel corso degli anni, mi sono fermata qui.
Personalmente, credo di aver ottenuto da lui l'unica cosa che mi interessava e serviva per farlo vivere al meglio: la possibilita' di farlo uscire dalla sua gabbia, volare tranquillo in casa, insieme all'insegnamento a rientrare a comando - insegnamento per il quale avevo bisogno che non temesse le mani, fosse in grado di riconoscere un premio e accettarlo.
Adesso Jeff si e' trasformato abbastanza. Da pappagallo terrorizzato e pauroso e' diventato un animale sereno, che gioca, vola, razzola sul pavimento, distrugge i libri sulla scrivania, si addormenta in giro per casa e occasionalmente viene a controllare quasi da vicino cosa faccio.
Ci sono voluti molti mesi, molta pazienza, qualche errore che ha comportato dei passi indietro e dei recuperi faticosi. Poi sono arrivate le conoscenze in piu', le informazioni e la formazione, e piano piano si cresce e si migliora insieme.
Dall'esperienza con Jeff ho imparato molte cose - alcune, se non la maggior parte, sono state delle intuizioni abbastanza felici che poi le teorie e gli studi di qualcun altro mi hanno confermato.
Quando si ha a che fare con gli animali, servono tante cose. E' indispensabile che loro abbiano delle condizioni "fisiche" ideali, le migliori possibili. Alloggio, alimentazione, tempo, igiene. Se qualcuna di queste cose non va, tutto parte in salita e per l'animale va sempre peggio. Le condizioni di partenza devono essere ottime.
a questo bisogna poi aggiungere un diverso punto di vista nel rapportarsi con il soggetto: non chiedersi piu' "cosa puo' darmi questo animale?", ma chiedersi sempre cosa noi possiamo dargli per farlo stare bene ed essere felice. Attenzione, osservazione costante, rispetto dei suoi tempi sono cose indispensabili, insieme alla pazienza e a qualche sincero esame di coscienza ^_^ capita a tutti di avere una giornata "no": e' meglio in quei momenti limitarsi a pulire la gabbia e fornire il necessario e poi andare a farsi un bel giro con gli amici, piuttosto che cercare a tutti i costi di interagire con un animale sensibile, innervosendolo e mettendolo a disagio e poi magari arrabbiandosi per qualche sua reazione (giusta) al nostro nervosismo.
Penso di aver scritto tantissimo, anche se di cose da scrivere ce ne sarebbero un'infinita'!
Vi lascio qualche link di approfondimento, in italiano e in inglese, sulle tematiche dell'addomesticamento dei pappagalli, ma anche delle tecniche di analisi comportamentale e rinforzo positivo per come le ha sviluppate la Dr. Friedman. Gli articoli in inglese secondo me sono veramente molto belli, anche se un po' difficili trattandosi di articoli scientifici. Vale la pena darci un'occhiata ;-)
Al fondo, metto anche qualche foto di Jeff ^_^
I link:
addomesticamento
pappagalli felici
Gli articoli della dr. Friedman li trovate qui:
www.thegabrielfoundation.org/friedman.html
segreteria telefonica
che buoni i giocattoli in legno!
passeggiata sul pavimento
le pulizie
insalata mista!